giovedì 9 dicembre 2010

Ti ricordo così...


Ti ricordo così......abbandonata morbidamente tra le mie braccia, avvinta come un rampicante.
Le labbra sposate in un bacio infinito, infintamente dolce, infinitamente intenso...
Hai chiuso gli occhi e mi hai aperto il tuo cuore offrendomi la tua anima indifesa eppure così forte e vigorosa, tanto forte da soggiogare la mia...
E tra le mura di quell'abbraccio abbiamo toccato l'infinito... (S.R.)

I miei sensi sono tuoi...


La prima volta che ti ho vista ho provato dolore, esattamente come lo si prova fissando il sole.
Avevi un vestito nero, lungo, eri di spalle... spalle larghe e bianche...
I capelli vi poggiavano come rampicanti gentili, rossi come un tramonto estivo....
Tenevi un calice in una mano, l'altra poggiata sul fianco, abbandonata su di te morbidamente.
Parlavi...
Due uomini sorridenti e compiaciuti ti ascoltavano rapiti...
Ignoravo chi tu fossi ma ti avevo riconosciuta, tra tanti... sapevo di averti finalmente incontrata dopo un lungo cammino, sapevo che eri tu...
In un'altra vita forse, in un altro tempo sapevo tutto di te... ora sapevo solo riconoscerti..
E nel momento stesso che ho compreso questo ti sei voltata verso di me guardandomi dritta negli occhi, quasi fossi riuscita a sentire i miei pensieri...
Hai affondato il tuo sguardo nel mio e le tue labbra si sono socchiuse...
Ho sentito la mia anima gridare, la mente vacillare, il cuore esplodere ma ho continuato a fissare quello sguardo che mi scavava dentro impietosamente, giù sempre giù, sempre più nel profondo...
Hai sorriso impercettibilmente e ti sei voltata di nuovo, verso quegli uomini che ora ti osservavano curiosi e indispettiti poichè li avevi privati della tua attenzione...
Hai detto loro qualcosa, i loro volti si sono adombrati... hai dato il calice all'uomo che stava alla tua sinistra dopodichè ti sei voltata di nuovo, mi hai guardato e sei uscita dalla stanza.

Ti ho trovata seduta sul prato, in giardino, appoggiata ad un salice...
Avevi tolto le scarpe e poggiato la borsetta in terra.
Mi sono avvicinato e ti ho teso la mano... l'hai presa nella tua e ti sei alzata, ti ho tirata a me ed abbiamo ballato...
Non c'era musica, non c'era per gli altri, ma noi avevamo la nostra, ci risuonava dentro..
Abbiamo danzato lentamente, stretti l'uno all'altra... in silenzio...fino alle prime luci dell'alba... (S.R.)

Il Lupo e la Stella


Quella che segue è una storia di un amore profondo e particolare, la storia di un lupo e di una stella… la più bella che il cielo abbia mai ospitato.
Il lupo era un animale fuori dal comune, nel suo manto trovavano spazio le tonalità di azzurro e di blu e nel suo petto batteva un cuore colmo di forti sentimenti.
Proprio per via di questa sua particolarità veniva spesso allontanato o escluso dal branco e si ritrovava spesso a vagare solo per i boschi.
Fu proprio per questa sua voglia di staccare con tutti coloro che lo circondavano, a cui lui non si sentiva legato, che decise di affidare ogni suo ululato, ogni suo sogno e ogni suo sentimento non alla luna bensì ad una stella, la più grande e luminosa.
Passarono i giorni, i mesi e perfino gli anni e il lupo continuò sempre, giorno per giorno, ad uscire dalla sua tana, anche sotto la pioggia, consapevole che lo sguardo argenteo della stella si sarebbe posato su di lui anche da dietro la coltre di nubi, per offrirle tutto ciò che per lui poteva significare… amare.
La luna si era però accorta dell’amore che il lupo provava per la stella e, invidiosa che lui, il lupo più bello e particolare, non offrisse a lei, regina della notte, il suo cuore e il suo canto decise di impressionarlo osando oscurare il sole nel suo momento di massima gloria: durante il meriggio.
E così fu, quel giorno il lupo presentiva nell’aria qualcosa di insolito e si ritrovò spesso a guardare il cielo senza un motivo particolare anche nel momento preciso in cui il sole divenne solamente un anello di fuoco alto nel cielo.
Il lupo rimase dapprima impressionato del prodigioso azzardo della luna ma poi la sua attenzione si rivolse verso una scia che argentea attraversò il cielo.
Il lupo riconobbe in essa la sua amata stella e corse, nell’ombra fittizia creata dalla luna, verso il punto in cui la sua stella aveva terminato la sua corsa.
Arrivò ad una piccola radura tra il fitto del bosco e vi si inoltrò cautamente, man mano che avanzava perse le sue sembianze di lupo a favore di un aspetto umano, quello di un giovane forte.
Ignorando questa mutazione che era avvenuta nel suo corpo, spinto dalla preoccupazione si avviò verso il solco creato dalla caduta della stella e dentro vi ci trovò una ragazza; una giovane fanciulla che giaceva priva di sensi.
Con una delicatezza che non gli si sarebbe mai potuta attribuire la raccolse tra le sue braccia e la adagiò in un punto della radura dove il muschio creava naturalmente un giaciglio morbido e confortevole e si prese cura di lei fin quando non riacquistò conoscenza.
Intanto il sole era tornato a splendere e anzi era ormai prossimo ad inoltrarsi tra il suo letto di colli, comodo, nel suo guanciale di querce.
La ragazza aveva intanto ripreso conoscenza e i due giovani si fissavano in silenzio, senza nemmeno sfiorarsi, avvertendo soltanto l’uno il caldo respiro dell’altra sulla propria pelle.
D’un tratto i due giovani amanti si riconobbero e si baciarono; il bacio fu dolce, non fu dettato ne dalla passione ne dal desiderio, fu un bacio d’amore e di fiducia, un bacio sincero come quelli che solo i bambini riescono a regalare inconsapevoli del loro più profondo significato.
Nessuno dei due seppe mai esattamente quanto durò quello che poteva essere stato un attimo, un minuto o anche molto di più ma ad entrambi la scomparsa del sole sembrò atroce e prematura.
La ragazza iniziò a riprendere le sue sembianze di stella e il giovane le sue proprie di lupo, i due amanti tesero le braccia l’uno all’altra e mai nessuno seppe esattamente cosa avrebbero voluto dirsi durante quell’ultimo sguardo che, in verità, conteneva ogni cosa.
Il lupo era tornato alla sua foresta e la stella al suo cielo, luoghi a loro conosciuti e confortevoli, ma qualcosa era cambiato, profondamente cambiato.
La stella aveva perso il suo candore argenteo e ora brillava di un colore quasi azzurro, splendida e fiera e gli occhi del lupo, invece, avevano incominciato a brillare come fossero stati due stelle nella notte senza luna.
Questi loro regali rimasero invariati per sempre, come promessa di amore reciproco e ricordo di quel chiaro giorno di primavera che li aveva uniti per un attimo e per sempre.
(trovata su Internet)

Il desiderio di te...


Il desiderio di te... è qualcosa che non posso esprimere a parole, posso solo sentirlo dentro di me.
Urla come un folle nella mia mente turbando i miei pensieri ed agitando il mio sonno, scorre caldo nelle mie vene come lava incandescente e la mia pelle è madida, risuona come un tamburo tribale nel mio cuore che batte incessante al ritmo del mio cercarti...
Silenzia quella voce, rinfresca la mia pelle, rallenta questo battito... ogni giorno così, semplicemente essendo... (S.R.)

Ho acceso candele...


Ho acceso candele perchè mi manca il tuo calore, bruciato incensi perchè mi manca il tuo odore e la melodia di un pianoforte ha risuonato nella mia stanza perchè mi manca la tua voce...

Ho scelto lenzuola di seta per il mio letto perchè mi manca la tua pelle, poggiato la testa su cuscini di piuma perchè mi manca il tuo corpo, ed ho fatto tacere il pianoforte perchè mi mancano i tuoi silenzi...

Ho aperto la finestra e respirato il vento perchè mi manca il tuo respiro, giocato con una farfalla perchè mi mancano le tue mani, ed ho contemplato l'infinito perchè mi mancano i tuoi occhi...

Mi abbandono a questa languida nostalgia, mi lascio trasportare dalla corrente ed approdo alle tue rive.

Sdraiato sulla sabbia calda osservo il cielo rosso sangue nell'ora del tramonto che tanto è gemello alla nostra passione.

La notte non tarderà ad arrivare, io l'aspetterò qui in compagnia della tua ombra.

Mi manchi. (S.R.)

Per molto tempo...


Per molto tempo, in un tempo molto lontano, ho speso le mie energie nella ricerca di risposte.
Le domande erano tante, io soltanto un adolescente con una piccola manciata di anni vissuti e troppo poco cammino alle mie spalle per comprendere pienamente quali fossero i sentieri che avrei dovuto percorrere e quali lasciare.
Banalmente potrei sostenere che ero un adolescente più maturo dei miei coetanei, più sensibile (aggettivo tanto caro ai genitori che parlano dei loro figli, specialmente le madri) ed anche molto più curioso.
Apparentemente suona bene, in pratica se si è adolescenti con queste caratteristiche non è solo musica quella che ti circonda ma prevalentemente rumore.
Il rumore dei tuoi pensieri, dei tuoi interrogativi, del tuo errare.
La mia percezione del reale era indubbiamente adulta ma con un effetto collaterale non trascurabile… l’isolamento.
Difficile integrarsi con i tuoi coetanei quando essi hanno un sentire ed un vivere lontani dal tuo mondo interiore.
E’ come vivere universi paralleli, il loro ed il tuo, destinati a sfiorarsi ma mai ad incontrarsi realmente.
Il gioco, le relazioni sociali, gli affetti… tutto per me aveva una valenza molto più profonda, a differenza dei miei compagni di scuola o di gioco che invece, coerentemente con la loro età, vivevano semplicemente il loro quotidiano fatto di spensieratezza ed istinto.
Sono stati anni complessi, per certi versi davvero difficili.
Guardandomi indietro adesso che sono un uomo so che sono stati molto importanti poiché sono stati il seme di una pianta dalla quale ho raccolto molti frutti… la mia vita.
Ma a quel tempo avrei voluto essere diverso, avrei voluto far parte di un branco e con il branco andare incontro al mio futuro.
I miei compagni di viaggio sono stati invece i libri, letti avidamente uno dopo l’altro e qualche amicizia adulta incontrata nell’ambito delle frequentazioni della mia famiglia.
Sentivo che sarei dovuto essere altrove, su un prato a giocare a pallone o in strada con la mia bicicletta… ma non riuscivo a farmi attrarre da tutto questo… e leggevo…
In verità non mi sono mai sentito veramente solo, adesso parlo di isolamento ma allora non lo percepivo come tale, lo percepivo piuttosto come una diversità che cercavo di comprendere, una distanza che mi sforzavo di colmare.
Ero riuscito col tempo ad accettarla e a vivere me stesso con me stesso.
Inevitabilmente la distanza si è colmata da sola, con il tempo…
Quando sono stato adulto mi sono ritrovato circondato da adulti e comunicare e condividere è stato più facile.
Più facile ma non facile… guardatevi intorno e il perché vi salterà agli occhi…
E da adulto ho capito che le risposte arrivano da sole e che spesso non ce ne sono.
Vivere coerentemente con se stessi è la cosa importante, conoscersi e capire quale sia la direzione.
Ho imparato a guardarmi dentro, in passato ho capito chi fossi e dove stessi andando.
Ho smesso di cercare avidamente risposte, mi interrogo sempre quello si… ma mi limito a sentire la vita nella sua totalità, sicuro che prima o poi determinate risposte mi saranno concesse…
Vivo pienamente il mio quotidiano, ho imparato ad apprezzarne le sfumature ed i particolari che spesso altri non riescono a percepire.
O magari sono frutto della mia mente… ma che importa, questo sono e questo devo essere.
E oggi finalmente so quale è il mio sentiero… lo avevo dentro fin dall’inizio. (S.R.)

lunedì 6 dicembre 2010

"Part man part steel" - Storyteller


L'idea di scrivere un brano sulla disabilità risale a circa un anno fa e nasce in seguito alla lettura di un libro di poesie la cui autrice è una mia preziosa amica portatrice di handicap.
Il suo nome è Lorella Ronconi e la raccolta di poesie si intitola "Je Roule", Edizioni ETS.
Il libro è fantastico, le poesie sono bellissime e raccontano la loro autrice senza tante smancerie ma con la semplicità e la schiettezza di una donna che sa il fatto suo.
Lorella Ronconi, infatti, oltre ad essere una potessa di grande talento, è anche una persona incredibile sul piano umano.
Sorridente, solare, ricca di entusiasmo ed amore per la vita, una vita che io credo sappia vivere e gustare fino in fondo nonostante le difficoltà e le lotte quotidiane.
Combatte in prima linea per i diritti dei disabili, è membro fondatore della Fondazione "Il Sole — Onlus" ed è Cavaliere della Repubblica dal 2006. Attualmente presiede un’associazione che si occupa di abbattimento di barriere architettoniche e culturali.

Je Roule mi ha spinto dunque a scrivere un brano sulla disabilità, ma la frase che Lorella ha riportato sul suo profilo di Facebook mi ha suggerito la storia che avrei raccontato.
La frase in questione recita così:

"[...Donna a metà...a metà tra cielo e terra...metà donna...metà carrozzella...]"

Ciò che avrei raccontato sarebbe stato dunque la storia di una persona e non di una carrozzella.
Non volevo, infatti, cadere nelle scontato, nel banale, nel luogo comune, finendo col dipingere il protagonista della canzone soltanto come una persona in difficoltà e bisognosa di aiuto.
Volevo dare invece un'immagine diversa, un'immagine solare e di normalità, quella normalità (mi si perdoni il termine) che appartiene da sempre anche ai disabili e che soltanto pochi di noi sanno vedere e riconoscere.
Si, perchè per la maggior parte della gente un disabile è un "diverso", un'entità quasi astratta che ha poco o niente di normale.
La disabilità ci spaventa, così come ci spaventa la maggior parte delle cose che non conosciamo, e abbiamo difficoltà ed imbarazzo ad interagire con una realtà che pensiamo non ci appartenga soltanto perchè non ti tocca personalmente, ma che invece ci appartiene e ci coinvolge perchè ci circonda e fa parte della vita, la stessa vita che ci rende tutti uguali soltanto per il fatto di esistere nello stesso luogo, nello stesso tempo, nella stessa forma di vita.

Non è stato facile per me "calarmi" nei panni di un disabile, creare un personaggio che parlasse in prima persona di sè e del proprio quotidiano.
Non so se ci sono riuscito fino in fondo, mentre scrivevo pensavo a Lorella per come la conosco e a lei è ispirato il personaggio che racconta della sua sofferenza ma anche della sua gioia di vivere.
Ognuno di noi in fondo è così, viviamo giornate di spensieratezza ma sappiamo anche che il nostro è un cammino molte volte in salita e le difficoltà ed i limiti sono dietro l'angolo per chiunque, giorno dopo giorno.

E' dunque così che è nata "Part man, part steel" (Metà uomo, metà acciaio).